Psicoterapie
Brevi
Le psicoterapie brevi possono essere particolarmente utili nel caso in cui uno o più sintomi superficiali siano invalidanti, cioè non permettano ad una persona di vivere la sua vita normalmente.
La psicoterapia può essere di diversi tipi.
Può essere definita come un processo strategico, il cui obiettivo finale è un cambiamento nelle strutture cognitive del paziente, mentre le tattiche impiegate per raggiungere tale finalità riguardano sia la modificazione del comportamento, sia l’ordinata modificazione di singoli aspetti e prodotti delle funzioni cognitive. Si basa sull’allenamento della persona a comportarsi in modo differente rispetto a quello che potrebbe aver provocato il sintomo;
Già nel suo nome sono indicati gli elementi che ne fondano la struttura scientifica: si occupa infatti dell’aspetto cognitivo (relativo cioè ai processi di pensiero) e di quello comportamentale dei problemi psicologici, con particolare attenzione al loro rapporto con la sfera emozionale e con l’ambiente esterno.
E’ possibile sintetizzare alcune premesse scientifiche della TCC in un gruppo ristretto di assunti:
- Pensieri, emozioni, comportamenti si influenzano reciprocamente: se reagisco a un sorpasso in modo violento, probabilmente mi sentirò in colpa e potrei pensare di me che sono un buono a nulla; se penso che sia insopportabile rimanere in coda alla cassa del supermarket, proverò ansia ed irrequietezza, e forse cercherò di superare gli altri (a meno che non valuti le conseguenze come peggiori dell’attesa!)
- Non sempre siamo consapevoli del nostro modo di pensare: buona parte dei nostri pensieri è molto veloce e si attiva in modo automatico; per questo motivo, bisogna “allenarsi” a prestarvi attenzione, se si vogliono identificare i cosiddetti “pensieri automatici”.
- Le conseguenze delle nostre azioni hanno un valore rinforzante o inibente: oltre al nostro mondo interno, esiste una realtà esterna in rapporto di reciproca influenza con noi. Se siamo stati spesso “puniti” quando abbiamo intrapreso iniziative personali, è possibile che la nostra disponibilità a rischiare ed esplorare ne venga penalizzata; se un bambino viene “premiato” ogni volta che piange per ottenere un giocattolo, probabilmente tenderà a piangere più spesso e più a lungo.
- Il modo in cui interpretiamo gli eventi interni ed esterni influenza il nostro vissuto emotivo: se valutiamo un 5 in pagella come un fallimento catastrofico, proveremo emozioni negative molto intense; se riusciamo ad interpretarlo come un incidente di percorso, ma anche come stimolo a migliorarci, probabilmente ci dispiacerà, ma la nostra esperienza emozionale sarà meno “pesante”.
La TCC propone dunque un insieme articolato di interventi:
- finalizzati al raggiungimento di obiettivi specifici e circoscritti(terapia centrata sul problema)
- “ritagliati” sulle specifiche esigenza del paziente (terapia individualizzata)
- in tempi ragionevoli (terapia breve)
Per fare ciò, si avvale di una relazione terapeutica empatica ed accogliente, in cui i ruoli sono ben definiti e che richiede la partecipazione attiva e l’impegno del paziente, che è spesso sollecitato a svolgere “compiti” graduali al di fuori della seduta, e discuterne poi gli sviluppi col terapeuta.
Questo consente di diminuire drasticamente la durata delle terapie, rendendo di fatto il paziente protagonista attivo del suo cambiamento.
È un intervento terapeutico orientato all’estinzione dei sintomi e alla risoluzione, in tempi brevi, dei problemi presentati dal paziente, con tecniche basate su una logica non ordinaria e prescrizioni comportamentali a volte anche paradossali. Il modello breve strategico è un approccio breve alla soluzione dei problemi psicologici, che si svolge con un numero contenuto di sedute. Il suo obiettivo è eliminare i comportamenti disfunzionali per i quali la persona cerca assistenza, e produrre un cambiamento nella modalità attraverso cui la persona percepisce e costruisce la propria realtà. L’intervento strategico si focalizza fin dall’inizio sul rompere il circolo vizioso esistente fra tentate soluzioni e persistenza del problema, lavorando sul presente piuttosto che sul passato, su come funziona il problema piuttosto che sul perché esiste, sulla ricerca delle soluzioni piuttosto che delle cause. Il fine ultimo dell’intervento strategico è lo spostamento del punto di osservazione del soggetto dalla sua posizione originaria, rigida e disfunzionale, verso una prospettiva più elastica e funzionale, con maggiori possibilità di scelta. L’intervento strategico è perciò di tipo attivo e prescrittivo e deve produrre risultati a partire già dalle prime sedute. Se questo non avviene, il terapeuta è comunque in grado di modificare la propria strategia, basandosi sulle risposte date dal paziente, fino a trovare quella idonea per guidare la persona verso i risultati desiderati.
Il modello sistemico-relazionale prende origine dal modello sistemico-strategico della scuola californiana di Palo Alto e condivide con l’approccio strategico (vedi sopra) gran parte dei suoi assunti e delle sue tecniche.
È quindi orientato alla comprensione e alla modificazione delle modalità comportamentali e comunicative disfunzionali che mantengono in vita un determinato problema e/o sintomo. Al pari della terapia strategica la psicoterapia sistemica è orientata più alla comprensione di come un disturbo si mantenga, mettendo a punto i metodi più rapidi per la sua risoluzione. Essa agisce essenzialmente su quello che gli individui fanno e su come lo fanno.
Il suo particolare approfondimento sulle dinamiche relazionali e comunicative rende questo approccio, oltre che idoneo alla terapia dei disturbi psicopatologici del singolo (disturbi d’ansia, panico-fobie-ossessioni, disturbi depressivi), particolarmente elettivo per problematiche in cui vi è un importante coinvolgimento famigliare (anoressia, bulimia, psicosi) e di coppia (conflitti e disturbi della sfera sessuale).
Il modello sistemico-relazionale, tuttavia, per una soluzione approfondita dei problemi, si avvale tradizionalmente anche di tecniche assunte dall’orientamento cognitivo-comportamentale (vedi) e psicoanalitico (vedi).
Intervenendo sulle dinamiche disadattive esistenti nel presente, sui processi di comunicazione disfunzionali e orientata alla soluzione del problema, anche la terapia sistemico-relazionale “tradizionale” va annoverata tra le psicoterapie di tipo breve.
La Psicosomatica studia i legami che intercorrono tra psiche e soma, cioè tra i fattori psicologici e quelli organici nell’origine e/o nel mantenimento di stati di alterazione dell’organismo o di malattie vere e proprie. In ambito psicosomatico, sostanzialmente, l’individuo viene visto nella sua inscindibile globalità corporea e psichica.
Attualmente è ampiamente documentato e riconosciuto che la prolungata attivazione del sistema nervoso autonomo e neurovegetativo, sarebbe a dire come se l’organismo fosse in una cronica condizione di allerta e difesa, è in relazione con lo sviluppo di disturbi di tipo psicosomatico che possono riguardare l’apparato gastrointestinale (gastrite, colite ulcerosa, ulcera peptica), l’apparato cardiocircolatorio (tachicardia, aritmie, cardiopatia ischemica, ipertensione essenziale), l’apparato respiratorio (asma bronchiale, sindrome iperventilatoria), l’apparato urogenitale (dolori mestruali, impotenza, eiaculazione precoce o anorgasmia, enuresi), il sistema cutaneo (la psoriasi, l’acne, la dermatite atopica, il prurito, l’orticaria, la secchezza della cute e delle mucose, la sudorazione profusa), il sistema muscoloscheletrico (la cefalea tensiva (o mal di testa), i crampi muscolari, il torcicollo, la mialgia, l’artrite, dolori al rachide, la cefalea nucale). Nel momento in cui si presenta un sintomo psicosomatico, generalmente, le persone tendono a reagire come se avessero dinanzi un fastidio che deve essere eliminato e cacciato via, principalmente attraverso un approccio esclusivamente farmacologico, il prima possibile. Un sintomo è come se venisse avvertito in una duplice maniera: nasce in noi, nel nostro corpo, ma è come se non ci appartenesse, come se fosse un estraneo che ci abita. Di qui il desiderio di farlo sparire. Se tale atteggiamento appare del tutto comprensibile, non è detto che sia allo stesso tempo necessariamente anche “curativo”. Una cefalea, una gastrite, un’aritmia cardiaca, non sono solo effetti indesiderati e collaterali che colpiscono un corpo che può fallire, alla stregua di una macchina che si deteriora, bensì un qualcosa di più ampio. Un approccio compiutamente psicosomatico tenta di ascoltare il corpo, e non trascura l’evenienza che una malattia “rompe” un flusso esistenziale in una certa persona in un momento specifico della sua vita. Detto in altre parole, la malattia psicosomatica altera un certo equilibrio, e non ci si può non fermare a riflettere su cosa funzionasse e cosa no in tale equilibrio. Attraverso quest’opera di ascolto ci si rende conto che nel periodo pre-malattia non tutto scorreva così tranquillamente. Ascoltare il corpo significa trattarlo come una “foresta di simboli” (in Dizionario di Psicosomatica) da scoprire o da riscoprire.. Da questo punto di vista , una persona che soffre di mal di stomaco ad esempio, non è semplicemente “nervosa” come generalmente si dice, bensì potrebbe avere difficoltà a digerire psicologicamente qualcosa accaduto nella sua vita, e potrebbe così simbolizzare a livello corporeo (la gastrite in tal caso) quanto sta accadendo a livello psichico. Un mal di testa, ad esempio, potrebbe non essere stato semplicemente legato alla tensione, bensì dovuto ad un approcciarsi a qualche situazione in maniera eccessivamente razionale e poco istintiva, cioè troppo di testa.,
Da cio, si vuole sottolineare come una moderna prospettiva psicosomatica permetta di vedere il corpo non come una macchina, bensì come un “portatore di senso” che, al pari della psiche, esprime la storia e la soggettività di una persona.
Psicosomatica è la disciplina che studia i legami tra lo psichico e il somatico, cioè tra i fattori psicologici e quelli fisiologici nell’origine e/o nel mantenimento delle malattie.
La malattia è infatti il risultato di meccanismi interagenti a livello cellulare, personale, interpersonale e ambientale. I fattori psicosociali (es. eventi di vita, stress cronico, qualità delle relazioni sociali) possono influenzare il decorso della malattia.
Fattori emozionali e stili di vita stressanti possono influenzare l’insorgenza e il decorso di varie malattie somatiche.